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La dolcezza.

L’annata 2011 è il cammino dei due volti.
Nasce sotto il segno della dualità che procede lungo tutto il viaggio, fino all’atto di classe finale, quando a settembre gli opposti ritrovano l’equilibrio.
Quest’anno, più dei precedenti, abbiamo preso decisioni impegnative e importanti per la qualità del raccolto.
Le condizioni del tempo hanno richiesto un forte impiego alla nostra vinosofia, applicandola più volte in modo straordinario per trasformare nel miglior modo possibile le vicissitudini climatiche che mano a mano si sono presentate sotto forma di sfida.
La dolcezza e il suo profumo, tuttavia, diventano la quintessenza dell’azione della natura, nella cui stanza nunziale, tra cielo e terra, si uniscono alle energie universali per coronare l’opera.
Noi tutti al podere siamo testimoni di questo matrimonio e siamo invitati ad agire con rispetto, coscienza e conoscenza, per esaltare l’integrità di queste due forze, una di dazione e l’altra di ricezione.
Il sommo poeta coglie i nostri sentimenti con parole armoniose, quasi scolpendo, in poco righe, il resoconto di tutti gli avvenimenti di questa annata.
“Amor che nella mente mi ragiona cominciò egli a dir si dolcemente che la dolcezza ancor dentro mi suona.” Dante Alighieri.
L’annata fino alla prima decade di agosto manifesta il primo polo della dualità, il volto positivo, ideale, quasi perfetto per i vigneti.
Si potrebbe dire che tutto scorre di bene in meglio.
L’andamento è davvero eccezionale.
Si affaccia alla finestra del nostro anfiteatro con escursioni termiche ottimali che garantiscono il patrimonio aromatico delle preziose uve.
Un cammino che porta con sè le grazie di un accumulo corretto e costante per il miglior sviluppo dei polifenoli dell’uva.
A fine maggio, precisamente il 31 maggio, sboccia la maestosa fioritura con le sue luci e i suoi profumi.
Il messaggio della natura, fatto di colori che noi, con cura, trasformeremo nel rosso e nel bianco, pieno di luce, del nostro vino.
Tutto il podere sembra un grande terreno pieno di aiuole profumate.

La rottura di stabilità avviene in modo deciso, senza nessuna esitazione dopo il 10 agosto, presentando il lato opposto,
l’altro volto della dualità di questa annata. Quest’altra faccia si presenta sotto forma di una bolla di calore, fuoco che brucia,
che consuma mantenendo la sua pressione per 25 giorni.
Il vigneto è forte ma subisce il colpo di queste condizioni estreme, più simili al deserto che alle colline dei cipressi sempreverdi.
L’ondata di caldo lascia il suo ricordo sulle vigne, compromettendo parte dei grappoli, in particolare quelli rivolti a sud.

E’ il momento adatto per aprire il libro della nostra vinosofia e prendere le decisioni opportune per la salute dei vigneti sofferenti sotto l’attacco troppo ravvicinato e prolungato del caldo emanato dai raggi solari.
La prima decisione è quella di selezionare con cura e separare i grappoli più colpiti e coglierli preventivamente dalle viti.
Questa scelta porta con sè una dolce sorpresa.

La vigna grazie al minor numero di grappoli e al calore del sole dona, grazie allo svilupparsi dell’alcool, una dose equilibrata di dolcezza in più.
Tuttavia la scelta di maggiore importanza è stata quella di non eseguire le operazioni di sfogliatura.

Decisione che si è dimostrata utile, funzionale per il mantenimento dell’integrità dei grappoli.
I frutti si manifestano nella loro pace, sono come le parole espresse dai profumi dei fiori che li hanno preceduti al finire del mese di maggio.
I frutti sono, a loro volta, semi per nuovi frutti, il coronamento della dualità nell’unità riconquistata.

Un saggio diceva che siamo in grado di contare i semi presenti in un frutto ma non possiamo contare i frutti che ogni seme può creare.
Questa è la potenza del piccolo e della sua capacità di germogliare.
Nella vigna questo concetto si esprime in quella bellezza che la pianta della vite rappresenta, ovvero l’espansione, la comunicazione sincera tra i popoli, il crescere e moltiplicarsi dei frutti.
Un modo antico di unirci al mondo attraverso colori, profumi che viaggiano nei secoli come un messaggio in bottiglia di ogni civiltà.

Dal podere verso l’espansione nel mondo e il mondo verso il podere; una stretta di mano che racconta l’esperienza vinicola diventando, da secoli, un modo sublime per conoscersi.
L’albero della vite è connessione, espansione dei popoli che attraverso il vino conducono unicità di vita e di esperienza.
La sintesi simbolica della cultura di una civiltà che partendo anche da un piccolo angolo di terra arriva potenzialmente, con la sua sincerità in ogni luogo, ogni città del mondo.

Agosto procede senza cambi rilevanti fino alla fine dei suoi giorni, anzi l’insistenza e l’evoluzione di questo clima caldo ci accompagna fino a dover prendere un’altra decisione straordinaria: la scelta finale, quella decisiva per questa annata.
Abbiamo provveduto a distinguere le vendemmie seguendo il principio della relazione tra i vigneti e la loro esposizione al sole.
Ricordi all’inizio di questa annata che si parlava di opposti, di due volti?
Adesso giunge il tempo della loro unione come due mani che si scambiano un segno di pace.
Questo momento è figlio della pioggia che, nel mese di settembre appena iniziato, scende allegra, riportando il sorriso della frescura e un apporto dissetante per i vigneti.
Gocce fluenti, amiche essenziali per l’equilibrio delle uve dei vitigni a maturazione tardiva.

L’anno si chiude con la vendemmia di fine settembre, il 27 per la precisione.
Si sente il fischiettare allegro, il richiamo antico a favore del vino, “questo canto vuol bere”.
Come per ogni annata cerchiamo per voi qualche ricordo che giunge da lontano.

Canti del vino nel periodo medioevale italiano in cui si recitavano queste parole.
Tratto dal lavoro di Morando un grammatico del tredicesimo secolo maestro a Bologna noto per lo scritto Vinum dulce gloriosum

“Se maturo e pien di gusto, è piacevole e a noi gradito, giacché acuisce i sensi.
Ma se acerbo la lingua morde tutte le viscere sconvolge e il corpo corrompe”

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